Wellbeing Aziendale: cos'è e perché è importante

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30 set 2025

Wellbeing Aziendale: cos'è e perché è importante
Wellbeing Aziendale: cos'è e perché è importante
Wellbeing Aziendale: cos'è e perché è importante

Il Wellbeing aziendale è sempre più protagonista delle strategie di business del futuro. Richiesto a gran voce dai dipendenti e dai manager, i dati parlano chiaro: una strategia di wellbeing adeguata può contrastare efficacemente fenomeni negativi per la propria azienda, come burnout, turnover di profili validi, presenteismo. 

Ma cos’è il wellbeing? Quale differenza c’è tra wellbeing e welfare? Quali benefici apporta nei piani business aziendali? 

Scopriamolo in questo articolo di Vita Health dedicato al wellbeing aziendale e alle sue potenzialità in azienda. 

Cos’è il wellbeing?

In poche parole, il wellbeing aziendale è l’insieme di azioni che aiutano le persone a stare meglio, dentro e fuori dall’ufficio. Queste coinvolgono, solitamente, ambiti come: prevenzione, nutrizione, attività fisica, supporto mentale e buone pratiche di lavoro. 

Il wellbeing, se attuato correttamente e con percorsi continuativi, porta al raggiungimento di KPI misurabili e inclusivi, dove a essere al centro del proprio sviluppo aziendale è il capitale umano.

Quando i dipendenti, che ancora prima sono persone, stanno bene, lavorano anche meglio. Il benessere porta più concentrazione, meno assenze, team più stabili e un clima aziendale più sereno. 

Per l’azienda significa anche maggiore produttività e un employer brand credibile.

Quali sono i benefici del wellbeing?

I benefici dell’adozione di programmi di wellbeing sono molteplici. Oltre all’attrattività nei confronti di nuovi talenti da acquisire, in base al programma scelto si avranno sicuramente:

  • Meno stress e più energia per le attività importanti: i programmi di benessere supportano il dipendente, dando modo di sfogare le tensioni dovute a scadenze o attività che richiedono maggiore effort;

  • Miglior qualità del sonno e della concentrazione: la regolarità dei ritmi sonno veglia uniti ad abitudini sane favoriscono il mantenimento del focus sulle proprie attività;

  • Relazioni di lavoro più positive e collaborazione più fluida: un dipendente che sta bene riesce a essere più lucido e collaborativo;

  • Riduzione di assenze evitabili o fenomeni di presenteismo: adottando abitudini sane e con un minore carico di stress, si ridurrà anche il rischio di fenomeni come il burnout o la mancanza di concentrazione; 

  • Minore turnover: i dipendenti che riescono ad avere un buon equilibrio vita/lavoro hanno meno motivi per cercare un altro impiego;

  • Calo di assenze dovute a malattie: stare bene, sia fisicamente che mentalmente, significa anche rendere più forte il proprio sistema immunitario, evitando di ammalarsi frequentemente.

E questi sono solo alcuni dei benefici elencabili. 

Ciò che è importante è scegliere il programma di benessere in base alla propria industry e alle esigenze dei propri dipendenti. 

Qual è la differenza tra wellbeing e welfare?

Quando parliamo di welfare, pensiamo ai benefit “tangibili” che l’azienda mette a disposizione: voucher, rimborsi per trasporti e scuola, polizze sanitarie, convenzioni. 

Sono strumenti utili, spesso con vantaggi fiscali, che danno un valore percepito immediato. In pratica: aiutano le persone e le loro famiglie su spese concrete e quotidiane.

Il wellbeing, invece, riguarda come stanno davvero le persone e l’ambiente in cui lavorano. Non è un elenco di benefit, ma un percorso continuo che tocca abitudini e comportamenti: 

  • Nutrizione guidata da professionisti, 

  • Attività fisica sostenibile, 

  • Supporto psicologico/medico quando serve, 

  • Gestione dello stress, 

  • Sonno, 

  • Carichi di lavoro e pratiche manageriali sane. 

Qui l’obiettivo non è “erogare” qualcosa, ma far succedere cambiamenti che migliorano energia, concentrazione ed equilibrio nel tempo.

Quali sono i dati concreti del wellbeing? 

Il report diffuso da CIPD nel 2025 mostra che il tasso medio di assenze nel Regno Unito è salito a 9,4 giorni per dipendente/anno, il valore più alto da oltre 15 anni, segnalando un impatto crescente sulla produttività e sui costi HR. 

A livello organizzativo, secondo Gallup, i reparti con alto engagement registrano −78% di assenteismo e +14% di produttività rispetto ai reparti meno ingaggiati, confermando che il benessere percepito si traduce in risultati operativi. Sul fronte salute mentale, l’OMS raccomanda interventi strutturali perché la tutela del benessere psicologico possa migliorare in partecipazione e performance. Questi possono essere concretizzati in formazione manageriale, prevenzione, ritorno al lavoro

E per quanto riguarda le perdite economiche? Deloitte e Confindustria, nei loro report 2024 conteggiano le perdite medie mensili su aziende di circa 100 dipendenti in:

  • Assenze per malattia: - € 17.150

  • Turnover: - €21.717

  • Presenteismo: €42.874

In Europa, i rischi psicosociali legati al lavoro toccano milioni di persone: il 27% dei lavoratori riporta stress/ansia/depressione causati o aggravati dall’attività lavorativa, con effetti su produttività e assenze. 

Numeri in crescita che, a conti fatti, portano a incidere concretamente e pesantemente sui bilanci di fine quarter. 

Wellbeing e soluzioni di benessere aziendale all-in-one

L’ago della bilancia non si sposterà offrendo “benefit in più”, ma attivando programmi dedicati al benessere dei dipendenti che siano disegnati sui loro bisogni. 

Un programma di wellbeing misurabile nel tempo, come quello offerto da Vita Health, sostiene i dipendenti in ambiti come: 

  • Nutrizione con il supporto di professionisti dedicati, 

  • Attività fisica sostenibile, 

  • Supporto medico per il dipendente e i suoi familiari. 

La scelta di una piattaforma all-in-one (nutrizionista, medico, trainer) riduce la complessità per HR, facilita la comunicazione interna e abilita reportistica aggregata utile a CFO e C-level.

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